Onorevoli Colleghi! - La legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388) ha posto rimedio all'eccessiva onerosità e, quindi, all'iniquità, del sistema sanzionatorio in materia previdenziale, con rilevanti riflessi anche sugli interessi di dilazione.
L'atteso intervento legislativo è risultato, peraltro, carente sul correlato versante della regolarizzazione contributiva agevolata di periodi pregressi e, quindi, non ha consentito che la riforma del sistema sanzionatorio in materia contributiva potesse considerarsi completa, dal momento che tutte le precedenti occasioni di sanatoria previdenziale hanno registrato condizioni di regolarizzazione di entità tale da non consentire a moltissime aziende, soprattutto piccole e medie, di poterne fruire utilmente ed integralmente.
I ricordati provvedimenti di attenuazione delle esorbitanti sanzioni in materia contributiva sono risultati, inoltre, tardivi rispetto alla discesa del costo del denaro verificatasi nell'ambito dell'Unione europea e non risultano in linea con i nuovi indirizzi di politica economica e monetaria, che registrano una dinamica di flessione del tasso ufficiale di riferimento e che vincolano il nostro Paese alle direttive europee in materia.
La legge finanziaria 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289 ), invero, ha previsto varie forme di regolarizzazione agevolata di posizioni debitorie contributive, ma tutte strettamente collegate al condono fiscale; in ogni caso, l'impianto normativo
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appare non idoneo a risolvere il grave problema del recupero degli ingenti crediti contributivi degli enti previdenziali.
La legge 11 marzo 2006, n. 81, di conversione del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 10, ha previsto per i datori di lavoro agricoli e i lavoratori autonomi agricoli, debitori per contributi previdenziali e assistenziali obbligatori risultanti, fino alla data del 30 giugno 2005, dalle giornate denunciate trimestralmente all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), relativi a periodi non ancora prescritti e tenendo conto dello sgravio previsto dalla normativa relativa alle calamità naturali, la possibilità di regolarizzare la loro posizione, senza maggiorazione per interessi di mora e sanzioni civili, con il pagamento di una somma pari all'importo del debito contributivo, oltre a quanto dovuto al concessionario a titolo di rimborso per le spese sostenute per le procedure esecutive eventualmente intraprese. È possibile rateizzare il versamento in 25 anni con periodicità semestrale. La regolarizzazione si applica anche alle partite debitorie cedute dagli enti previdenziali.
Si rende, pertanto, necessaria un'iniziativa legislativa che ragionevolmente consenta a tutti i soggetti in precedenza esclusi dalle sanatorie previdenziali, per effetto della lamentata sproporzione degli interessi di regolarizzazione rispetto alla media di quelli bancari, di potersene finalmente avvalere, ampliando in tale modo sensibilmente la platea di soggetti ammessi a regolarizzare la propria posizione contributiva, sia nella loro veste di datori di lavoro che di lavoratori autonomi.
Le disposizioni dell'articolo 3 prevedono la possibilità di convalidare ex post, rimettendole sostanzialmente «in termini», tutte le domande di regolarizzazione agevolata presentate sotto il vigore delle sanatorie previdenziali precedenti e non perfezionate, per effetto della materiale impossibilità degli interessati di fare fronte all'entità di importi gravosamente maggiorati in conseguenza dell'applicazione delle normative di regolarizzazione contributiva in vigore in ciascun periodo.
A tale fine, le somme già versate a titolo di contributi, di premi, di interessi in luogo delle sanzioni civili, di oneri accessori nonché di eventuali sanzioni amministrative, abrogate a far data dal 1o gennaio 2001, data di entrata in vigore della legge finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000, n. 388), con la dovuta eccezione delle somme versate a titolo di interessi di dilazione, vengono complessivamente portate a conguaglio della quota capitale del debito contributivo in essere nei confronti di ciascun ente previdenziale.
Ad una tale soluzione non appaiono di ostacolo le disposizioni in materia di cessione e di cartolarizzazione dei crediti contributivi di cui alla legge 23 dicembre 1998, n. 448, in quanto l'articolo 13 del citato provvedimento fa salva la facoltà dell'INPS di disporre dei crediti oggetto della cessione, anche se già iscritti a ruolo per la riscossione.
Con la previsione di istituire un fondo di garanzia, alimentato con i proventi della stessa sanatoria previdenziale, ci si è posta la duplice finalità sia di garantire la società cessionaria dei crediti contributivi per i prestiti da essa contratti e per le somme già versate all'INPS quale prezzo iniziale a titolo definitivo, sia di non provocare alcuna turbativa alla libera circolazione dei titoli già emessi in seguito alle operazioni di cartolarizzazione.
La presente proposta di legge, inoltre, non comporta minori introiti per le voci di bilancio degli enti previdenziali, in quanto un'eventuale regolarizzazione contributiva realmente agevolata che preveda uno sconto del debito contributivo accompagnato da contenute somme aggiuntive, anche in rate mensili comunque non inferiori a trenta, consentirà di ampliare in misura significativa il numero degli interessati ad usufruire della nuova possibilità di mettersi in regola, con una sostanziale invarianza delle entrate contributive.
I residui attivi sono costituiti essenzialmente dai crediti contributivi dei fondi e delle gestioni previdenziali presi in esame (gestione artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri e fondo
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pensioni lavoratori dipendenti) maturati negli anni e iscritti nei relativi bilanci.
La maggior parte di tali crediti contributivi risale al 1997 e agli anni precedenti e, in generale, essi risultano divisi in crediti ceduti alla Società di cartolarizzazione dei crediti INPS-SCCI Spa (società veicolo dell'operazione di cartolarizzazione) e in crediti non ceduti.
Per le gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi risultano anche gli importi delle somme accessorie non versate.
Una parte significativa di tali crediti è costituita dalle precedenti domande di sanatoria contributiva non perfezionate, anche a motivo del livello eccessivo delle somme aggiuntive dovute in base ai previgenti sistemi sanzionatori in materia previdenziale.
Un'ulteriore percentuale, inoltre, degli indicati crediti non è realizzabile per effetto della intervenuta cessazione o incapienza degli assicurati debitori.
Va opportunamente sottolineato che la cessione dei crediti ha comportato, sino ad ora, una attribuzione dei ricavi della riscossione da cartolarizzazione alle rispettive gestioni, in via provvisoria, in misura proporzionale all'ammontare dei crediti ceduti.
Allo stato, quindi, non esiste una puntuale correlazione fra l'ammontare dei crediti contributivi realmente realizzati e quelli che vengono attribuiti a ciascuna gestione in base ad un criterio puramente aritmetico.
È importante, in proposito, che l'INPS provveda quanto prima a chiarire quale sia stato l'esito e quale l'ammontare delle operazioni di cessione e di cartolarizzazione dei crediti per ciascun fondo o gestione previdenziale: infatti la prima fase, alla quale hanno fatto seguito altre due, risale al 1998.
Un provvedimento di sanatoria contributiva che preveda somme aggiuntive ridotte al minimo, ovvero che non le preveda affatto, porrebbe finalmente rimedio alle precedenti situazioni di regolarizzazione caratterizzate da una eccessiva onerosità delle somme accessorie dovute e consentirebbe di azzerare la partita dei residui attivi, considerato anche che i problemi collegati all'aggiornamento degli archivi contributivi dell'INPS, e in particolare di quelli dei lavoratori autonomi, nonostante gli encomiabili sforzi dell'Istituto, ad oggi non sono stati ancora del tutto risolti.
Non si può fare a meno di osservare in proposito che il mancato aggiornamento negli anni degli archivi contributivi ha, con tutta evidenza, contribuito ad implementare il capitolo dei residui attivi.
Con la presente proposta di legge si intende, altresì, definire il contenzioso previdenziale in essere delle imprese cooperative e, data la chiarezza della legge 3 aprile 2001, n. 142, che disciplina la figura del socio lavoratore, iniziare una nuova fase senza i dubbi interpretativi che hanno caratterizzato la precedente.
La giurisprudenza ad oggi non è ancora conforme sull'una o sull'altra posizione e la soccombenza delle cooperative in primo grado, data l'esecutività delle sentenze, ha determinato per talune di esse il fallimento nonostante il giudizio di appello si sia concluso a loro favore.
Si tratta, quindi, di fissare un punto fermo per la nuova disciplina.
Quest'ultima, tra l'altro, riconoscendo le varie tipologie dei rapporti di lavoro instaurabili nella cooperativa, non fa altro che suffragare la tesi sostenuta fino ad oggi, anche da taluna giurisprudenza di legittimità.
L'abrogazione delle norme pre-costituzionali previste nei regolamenti di cui ai regi decreti 28 agosto 1924, n. 1422, e 7 dicembre 1924, n. 2270, si rende pertanto necessaria al fine di impedire che le società cooperative siano chiamate all'effettuazione di versamenti contributivi per i periodi precedenti alla data di entrata in vigore della legge n. 142 del 2001.
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